Codice Deontologico e di condotta

Codice deontologico degli Psicologi Italiani (tratto dal sito dell’ Ordine Psicologi del Lazio)

Testo approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine ai sensi dell’art. 28, comma 6 lettera c) della Legge n. 56/89, in data 15-16 dicembre 2006.


Capo I – Principi generali

Articolo 1

Le regole del presente Codice deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi.
Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza, e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.

Articolo 2

L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.

Articolo 3

Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità.

In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace.

Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale.

Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

Articolo 4

Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.

Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.

Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto.

In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.

Articolo 5

Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione.

Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

Articolo 6

Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine.

Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava.
Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.

Articolo 7

Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.

Articolo 8

Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza.

Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.

Articolo 9

Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.

Nell’ ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta.

Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.

Articolo 10

Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.

Articolo 11

Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.

Articolo 12

Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale.

Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.

Articolo 13

Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto.

Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

Articolo 14

Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento.

È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.

Articolo 15

Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

Articolo 16

Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.

Articolo 17

La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale.

Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche.
Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale.

Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.

Articolo 18

In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.

Articolo 19

Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.

Articolo 20

Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.

Articolo 21

Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche.
È fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.

Capo II – Rapporti con l’utenza e con la committenza

Articolo 22

Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi.

Articolo 23

Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale; in tutti gli ambiti lo psicologo è tenuto a non superare le tariffe ordinistiche massime, prefissate in via generale a tutela degli utenti.

Il testo unico della tariffa professionale degli psicologi, allegato sub lettera A al presente codice, è costituito quale parametro per la valutazione della misura del compenso richiesto ai sensi del comma 1 del presente articolo.

Per ogni modifica o abrogazione relativa all’allegato sub lettera A sarà competente il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ai sensi dell’art. 28 comma 6 lett. G) della L. 56/89, con la procedura prevista dal vigente Regolamento interno, senza l’obbligo di cui alla lettera c) del medesimo art. 28 comma 6

Articolo 24

Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza.

Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato.
Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.

Articolo 25

Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone.
Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio.

Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.

Articolo 26

Lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte.

Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell’utenza, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l’efficacia.

Articolo 27

Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa.

Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

Articolo 28

Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione.
Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.

Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito.

Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

Articolo 29

Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.

Articolo 30

Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.

Articolo 31

Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.
Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale.
Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.

Articolo 32

Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento.

Capo III – Rapporti con i colleghi

Articolo 33

I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza.
Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.

Articolo 34

Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.

Articolo 35

Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.

Articolo 36

Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale.
Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.

Articolo 37

Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze.
Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista.

Articolo 38

Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.

Capo IV – Rapporti con la società

Articolo 39

Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

Articolo 40

Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela.

In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione.

La mancata richiesta di nulla osta per la pubblicità e la mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituiscono violazione deontologica.

Capo V – Norme di attuazione

Articolo 41

È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l’“Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Articolo 42

Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Art. 9

Qualora tra la prestazione e l’onorario previsto dalla tabella appaia, per particolari circostanze del caso, una manifesta sproporzione, possono, su conforme parere del competente Consiglio dell’Ordine, essere superati i minimi e i massimi tariffari rispettivamente della metà e sino alla decuplicazione.

Art. 10

Allo psicologo spetta un rimborso delle spese generali di studio in ragione del 10% sull’importo dell’onorario.

Art. 11

Per i giudizi arbitrali sono dovuti gli onorari stabiliti ai sensi e per gli effetti del D.M. 5 ottobre 1994 n. 585, e successive modificazioni e integrazioni.

CODICE DI CONDOTTA

RELATIVO ALL’UTILIZZO DI TECNOLOGIE PER LA COMUNICAZIONE A DISTANZA NELL’ATTIVITA’

PROFESSIONALE DEGLI PSICOLOGI

Art. 1

Limiti nell’uso di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza

1. L’uso di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza è consentito agli psicologi limitatamente allo svolgimento di attività di informazione scientifica e professionale, di attività di formazione e di psico-educazione e di attività di raccolta dati a fini di ricerca.

2. Il processo di valutazione diagnostica ed attitudinale, relativo all’area della psicologia del lavoro e dello sport, sia basato sulla semplice osservazione, sia basato sull’uso di materiali psicodiagnostici e psicometrici, può essere occasionalmente condotto, con l’ausilio delle dette tecnologie per la comunicazione a distanza e con particolare attenzione alla tutela dei dati così acquisiti. Tali interventi saranno limitati alle successive fasi di sviluppo del rapporto professionale e, quindi, ai clienti e ai committenti con i quali gli psicologi abbiano di persona preventivamente stabilito rapporti diretti, non mediati quindi dalle tecnologie sopra menzionate.

3. In ogni caso, ed in particolare con l’utilizzo di internet, è vietato:

a) svolgere attività di diagnosi, per la quale l’incontro di persona con il cliente/paziente è sempre condizione imprescindibile;

b) fornire indicazioni su trattamenti da effettuare;

c) esprimere giudizi sull’appropriatezza degli interventi e/o delle diagnosi effettuati da colleghi;

d) manifestare qualsiasi tipo di commento, suggerimento o valutazione in relazione a casi specifici.

4. Le attività di abilitazione-riabilitazione e sostegno di cui all’art. 1 L. 18.2.1989 n.56, le attività a ciò affini indicate dalla L. n. 170 del 2003, riguardante le competenze degli iscritti alla sezione B dell’Albo e le attività di psicoterapia di cui all’art. 3 L. 56/89, non possono essere svolte con la mediazione di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza, salvo nei casi in cui ciò sia necessario per l’impossibilità di mantenere di persona il contatto con i clienti/pazienti. In tal caso ciò è consentito alle seguenti condizioni:

a) il rapporto con il cliente/paziente sia già stato stabilito in precedenza di persona e senza l’utilizzo delle tecnologie sopra menzionate;

b) per fasi chiaramente determinate e circoscritte nel tempo;

c) senza corresponsione di compenso, poiché il rapporto mediato dalle tecnologie per la comunicazione a distanza, non può configurarsi come una delle attività indicate nella prima parte di questo comma.

Art.2

Consenso informato

1. In tutti i casi previsti dall’art. 1 gli psicologi sono tenuti ad acquisire dai clienti e dai committenti il consenso informato per l’uso di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza.

2. Le regole sulla custodia dei dati e delle informazioni si applicano anche per i servizi a distanza qualunque tipologia di supporto o tecnologia sia utilizzata.

Art. 3

Sicurezza delle comunicazioni, tutela della riservatezza e responsabilità del professionista

1. In tutti i casi, indicati nell’art. 1, nei quali gli psicologi si servano di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza per le proprie attività scientifiche e professionali, sarà loro cura e ricadrà sotto la loro responsabilità l’utilizzo di sistemi hardware e/o software adeguati e aggiornati per la protezione delle comunicazioni e delle operazioni finanziarie connesse a tali attività.

2. È fatto obbligo agli psicologi di fornire ai clienti e ai committenti, quando non sia possibile l’identificazione diretta, la certificazione della propria identità con l’uso di sistemi legalmente riconosciuti, come ad esempio la firma digitale. Và, altresì, comunicato il numero di iscrizione all’Ordine degli Psicologi del Lazio.

3. Gli psicologi possono farsi ospitare, a qualsiasi titolo, esclusivamente su siti web nei quali risulti facilmente identificabile il nome e il recapito del responsabile del sito.

4. Nei siti in cui, da parte di iscritti all’Ordine Regionale, siano offerti servizi inerenti la psicologia e/o siano pubblicati messaggi promozionali delle singole attività professionali in ambito psicologico, devono essere facilmente rintracciabili il Codice Deontologico degli Psicologi italiani e il presente Codice di Condotta dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.

5. Gli psicologi che per le loro attività scientifiche e professionali utilizzino le dette tecnologie, hanno la responsabilità diretta dell’accertamento, con l’utilizzo dei medesimi sistemi, dell’identità dei clienti e dei committenti, con particolare riferimento all’età anagrafica, al genere e al titolo di studio. In tale fase è opportuna la specificazione dell’importanza di una corretta risposta. Non sono consentiti, in nessun caso, gli accessi anonimi a servizi professionali. Una particolare attenzione deve essere prestata all’autenticità del consenso e alla identificazione di coloro i quali richiedono l’accesso al servizio nella qualità di esercenti la potestà genitoriale o la tutela.

Art. 4

Sanzionabilità dell’inosservanza del presente atto

1. L’inosservanza delle disposizioni contenute nel presente Codice di Condotta sarà valutata ai sensi:

a) del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani ed in particolare delle norme riportate negli artt. 5 (comma 1), 17 (comma 1) e 24 (comma 1);

b) del Codice sulla Privacy, in vigore dal 1 gennaio 2004;

c) della normativa dettata per la regolamentazione della pubblicità in ambito sanitario.

2. Qualora l’inosservanza disposta dal I comma sia rilevante ai sensi dell’art. 10 D.L. 9 aprile 2003 n. 70 (Attuazione della Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettrico, nel mercato interno), l’Ordine Regionale provvederà a darne segnalazione all’Autorità amministrativa competente, indicata nell’art. 21 dell’indicato D.L. .

3. Per tutto quanto non espressamente regolamentato dal presente articolato, gli psicologi sono tenuti al rispetto dell’Atto di Indirizzo in materia di utilizzo delle tecnologie per la comunicazione a distanza, adottato dal Consiglio Nazionale degli Psicologi e che con il presente atto viene recepito, ad esclusione delle norme in contrasto con le disposizioni di questo Codice di Condotta.

Articolo 5

Rapporti con l’Ordine degli Psicologi del Lazio

1. Lo psicologo singolo o associato, che offre prestazioni via Internet, comunica all’Ordine degli Psicologi del Lazio l’indirizzo web del sito presso il quale svolge le proprie attività scientifiche e professionali, dichiarando sotto la propria responsabilità di essersi confermato al presente Codice.

2. La comunicazione resa dall’iscritto all’Albo degli Psicologi del Lazio su apposito modulo a tal fine predisposto e reperibile sul sito dell’Ente, dovrà contenere le seguenti informazioni:

a) indirizzo web del detto sito;

b) nome, cognome ed eventuale titolo professionale del responsabile;

c) sistemi hardware e/o software di protezione delle comunicazioni, utilizzati dal sito stesso;

d) natura dei servizi e delle attività prestati, nonché delle modalità operative di erogazione.

3. Nel caso di siti multidisciplinari deve essere indicato lo psicologo referente.

4. L’Ordine terrà un registro aggiornato dei siti in cui gli iscritti offrono prestazioni psicologiche.

5. Nel caso in cui intervengano modifiche sostanziali nei contenuti del sito, lo psicologo è tenuto a darne comunicazione all’Ordine.

6. Nel sito lo psicologo potrà rendere visibile, per esteso, la comunicazione informativa, inviata all’Ordine, relativa alla conformità del sito internet al presente Codice di Condotta.

7. L’Ordine potrà disporre controlli per verificare il rispetto del presente Codice di Condotta.

Articolo 6

Pubblicazione

1. Il presente Codice sarà pubblicato sul primo utile Notiziario dell’Ordine degli psicologi del Lazio, oltre che sul sito internet dello stesso Ordine ed entrerà in vigore a partire dal 1° luglio 2004.

E’ breve, se il disturbo non è particolarmente cronicizzato, generalmente si conclude entro le ventuno sedute.

Numerosi studi hanno dimostrato che la terapia cognitivo comportamentale è efficace nel trattamento di una vasta gamma di disturbi psicologici: la depressione, l’ansia, gli attacchi di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo, le fobie, i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia), le forme di stress post-traumatico, la dipendenza da alcol e droghe, le disfunzioni sessuali, i problemi di coppia, ecc.

È una terapia che richiede collaborazione nella relazione terapeutica, nel senso che paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il soggetto alla risoluzione dei propri problemi. Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione e nella modificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei problemi emotivi e comportamentali che attanagliano il paziente.

Il modello cognitivo comportamentale postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, sottolineando come spesso i problemi (tra i quali quelli emotivi) di ognuno siano influenzati da ciò che si fa e da ciò che si pensa nel presente, qui ed ora. Spesso infatti le persone usano modalità di pensiero disfunzionali e di conseguenza attuano comportamenti poco costruttivi. Secondo il modello cognitivista agendo attivamente sui pensieri e sui comportamenti attuali, ci si può liberare dai problemi emotivi che ci si porta dietro da tanto tempo. L’adozione di modalità di pensiero più costruttive, raggiunte con l’aiuto della psicoterapia, conduce a una modificazione sia dell’esperienza emozionale dolorosa, sia dei comportamenti disadattivi.

Il cambiamento dei contenuti e dei processi cognitivi problematici (convinzioni, valutazioni, aspettative, emozioni, distorsioni cognitive, ecc.) non viene perseguito, soltanto mediante la discussione e la riformulazione delle convinzioni disfunzionali dei clienti, bensì mediante numerosi metodi d’intervento, diretti non solo agli aspetti cognitivi del funzionamento dell’individuo, ma anche a quelli specificamente emotivi e comportamentali.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale infatti combina due differenti forme di terapia:

  • La PSICOTERAPIA COGNITIVA aiuta ad individuare precisi pensieri ricorrenti(pensieri intrusivi), schemi fissi di ragionamento che sono collegati alle emozioni problematiche vissute dal paziente, a correggerli, ad arricchirli, ad integrarli con altri pensieri più funzionali al proprio benessere e ai propri scopi.
  • La PSICOTERAPIA COMPORTAMENTALE aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che causano disagio e le abituali reazioni emotive e comportamentali mediante l’esposizione graduale alle situazioni temute e il controllo attivo degli stati di disagio; in altre parole l’apprendimento di nuove modalità di risposta a livello comportamentale.